di Ugo Moretti
La lunga milizia nella pittura di Mario Liga risale alla fine dell’infanzia quando, sospinto da vocazioni ereditarie dell’ambiente, entrò nella gloriosa Bottega del Carretto di Bagheria e subito s’impadronì della materia e della luce, proprie della pittura siciliana, vivendo e impregnandosi di una cultura egemone che un popolo ha costruito estraendola dalle storie e leggende, miti e fede: i Paladini, gli ex-voto, i Vespri, le tragedie della passione meridionale.
Ma Liga non si è appagato di diventare un Maestro di Bottega e le sue dimensioni di pittore si dilatarono quando incontrò Guttuso e l’amicizia tra conterranei fu superata dalla comune intesa sulla maniera e sul perché dipingere. Il clima e i temi della pittura di Liga sono radicati profondamente al paesaggio siciliano e non nei dettagli del quotidiano ma di ampi orizzonti, di panorami di tetti e case, delle quinte di un paese entro le quali si svolge la vita, segretamente e silenziosamente.
Gli assolati pianori si stendono sotto il pennello di Liga per vaste distese e sono inondate di luce, calde e terse: gli alberi e le viti, i cardi e i fichi d’india, le chiazze di fiori rossi e violetti e soprattutto il colore della terra arata e arsa che rendono la misura dell’atmosfera che domina nell’ardente Sicilia.
La grande ricchezza del suolo va raffrontata all’avarizia dell’acqua e alle fatiche dell’impegno a far fruttare ogni zolla fertile: c’è una lotta continua e acerrima tra il benessere e la fame. Da secoli una spietata fatalità copre come una veste sontuosa la bellezza di questa terra ma anche contro l’uomo.
Le cosche contro le cosche, le lupare contro le lupare. per il possesso dell’arancio, dell’ulivo, del gregge e del pozzo.
Ma la natura risulta trionfante: l’aratro dissoda ad ogni stagione le zolle insanguinate, fioriscono i rami e il sole si spande sulla generosità della terra. La vita continua e così la vede l’auspica nei suoi quadri Mario Liga, nel sogno utopico di tutti gli uomini: non solo la Sicilia ma tutto il mondo sia toccato una volta per sempre da miracolo della pace.
Non si può concludere così, con un ottimistico augurio, senza parlare della maestria di Liga nel trattare la materia, corposa e rutilante di impasti ma così netta e pulita da sembrare legno, sabbia, mare, muro. Una spatola così agile e al tempo stesso robusta “tiene” lo spazio della tela, cioè si rileva nei colori come un altorilievo.
Parlo dei quadri dedicati ai “Malavoglia, il riposo sulla spiaggia deserta della barca abbandonata nel meriggio d’estate e il mare silenzioso testimone del dramma. Ogni fatto della pittura di Mario Liga parla di uno sconfinato amore per la sua terra, delle sue tradizioni e della limpidezza dei suoi sentimenti, che diventano più caldi e palpitanti quando egli lascia Bagheria per andare in giro per il mondo, come un araldo che porta in paesi stranieri i suoi quadri come i vessilli accattivanti della sua Sicilia.
UGO MORETTI

