di Castrense Civello
I miei incontri con Mario Liga pochi, ma improntati alla più aperta e spontanea cordialità, ma non sono pochi i motivi che dovrebbero indurre il pubblico a visitare le sue mostre, e far meditare i giovani Artisti sulla sua opera. La prima impressione che ho avuto dell’artista é stata quella d’uno spirito meditativo, piuttosto silenzioso e solitario, indifferente e distaccato nei suoi stessi rapporti con l’arte.
La sua figura giovanile esprime un’atmosfera pensosa ed assorta, quasi schiva di clamori, perché proietta con sicura scioltezza uno sguardo indagatore, capace di spaziare per ogni anfratto del natio loco della Conca d’Oro e per il miraggio delle cento oasi e delle innumerevoli bellezze nascoste dell’entroterra della piana degli agrumeti: quando Mario Liga scende col cavalletto e con la cassetta dei colori sulle spiagge, tra Mongerbino e Capo Zafferano, per vivere il misterioso abbraccio tra natura e poesia, e per dipingere i suoi quadri luminosi, c’é sempre una schiera di ammiratori che lo segue più o meno palesemente e si sofferma per vederlo lavorare all’aria aperta, intento com’é, a cercare, cercare, e studiare la sua terra da scoprire e riscoprire, i suoi cangianti volti da rivelare: sembra che tra paesi e paesaggi, Mario Liga ama un ponte o uno scoglio del Saurello, all’Aspra, dal quale egli trae lo spunto per le sue tele, o per pescare nel tremolar della «marina» l’ispirazione. Allora, scoprirete un temperamento appassionato, sincero interprete della natura, poeta ricercatore delicato e forte della verità, pronto a captare il furto stregone d’un mirifico raggio il sole: e dipingere per Mario Liga è un fatto fisiologico, perché egli mescola alla vita un estro istintivo, che trova solitari approdi immersi nell’azzurro, come in un aereo abbaino, per strappare briciole di vita e di tempo e fissarle, stemperate abilmente nella tinozza dei colori di un’alba o di un tramonto.
Astratto e reale
Mario Liga procede, quasi spinto in avanti, da uno spirito modernamente mattatoriale, per reinventare il mondo meraviglioso della natura, e lungi dalle deformazioni ed allucinazioni dell’arte degenerata. Le sue composizioni dicono una pittura reale ed astratta insieme, che spesso sa anche essere spettacolo nel senso del rapporto più umano non solo con il prossimo, ma anche con il più felice ritorno alla natura, che ce lo fa apprezzare, spirito molto impegnato, tenace, che si muove senz’altro bagaglio che la sua vocazione.
Questo giovane artista racconta col suo pennello le armonie misteriose della natura quasi, suggerendoci che tra pennello e bacchetta d’un direttore d’orchestra, c’é un segreto gemellaggio d’arte, quel gemellaggio che stabilisce una misteriosa fratellanza tra Leonardo e Vivaldi, tra Michelangelo e Palestrina, tra Domenico Induno e Giuseppe Verdi. E per questo occorre rimirare il suo disegno «Omaggio a Casals».
Il nostro giovane personaggio costruisce mondi poetici come gli architetti costruiscono dimore che provocano nell’attento visitatore uno struggente desiderio di abitarvi. Infatti, chi contempla i quadri di Mario Liga sente l’urgenza espressiva di queste sue finestre spalancate all’infinito: quadri che consentono di scendere nei meandri di boschi e sottoboschi e di sentire la dilatazione delle forze dimensionali e atmosferiche: osserviamo una volontà vigile, operante, che corrisponde a una dignitosa passione per le soluzioni che interessano l’arte e per i problemi più appassionati della ricerca, nell’intento di sposare valori caldi mediterranei, trasfusi in campiture serene e distese, che attestano il legame indissolubile della natura con l’arte.
Profonda osservazione
Dall’ infanzia, Mario Liga si è tuffato nell’immenso campo della ricerca per costruire e formare i suoi personaggi in tutta la loro ricchezza di elementi estetici, storici, e morali, per ricavarne opere che per il loro contenuto pittorico e per il loro spirito animatore,costituiscono una suggestiva documentazione di tutto ciò che è lo studio interiore dell’artista, intenso come osservatorio di proficua proiezione, con i suoi tormenti e la sua letizia, e non come il solito scenario oleografico di romanzo d’appendice ottocentesco, o come pretesto di virtuosismo accademico ovverossia come guazzabuglio di freddi funambolismi cerebrali che con la pittura nulla hanno a che fare.
Mario Liga lavora nella sua sosta contemplativa, dove elegge ogni giorno la sua serena ed onesta officina, ma ama l’umiltà e la modestia, per squadernare il teorema della bellezza ed offrirci la trasfigurazione poetica della natura: cosicché quando la fantasia bussa alla porta, l’artista piega il suo spirito all’osservazione profonda e riconferma che il pittore è anche uomo, anche se è tormentato il viaggio dell’artista nei labirinti della psiche. Egli contesta gli astrattismi e le diavolerie pseudo metafisiche, e preferisce i fiori, i campi, gli alberi della sua terra, le nature morte, che, nell’attuale inflazione pittorica, dicono una realtà umile che si trasfigura in scoperta pittorica,rappresentando la sua terra con amore e con rabbia.
Immagine e idea
E qui, nella sua Conca d’oro, dove la natura è colore, Mario Liga eleva un poema alla sua terra,
dipingendo il cielo, le colline, la campagna, il mare, le barche, le stradine, i pescatori, creando un’arte nuova con un felice ritorno al figurativo in «Barche ad Aspra, tirate in secco, e coperte da un cappotto di pescatori», «Asino filosofo solitario», «Paesaggio verso il corvo», «Fanciulla alla lettura», «Muri dietro la chiesa»,«Terre secche»,«Raccoglitrici di ulive», «Paesaggio del Golfo visto dall’Aspra», «Case di campagna», «Pascolo», «Tetti della Chiesa», «A Sant’Elia carpenterie delle barche», etc.
Tutta questa pittura afferma la proiezione giusta tra idea e immagine, con le prospettive d’una Conca d’Oro tutta da dipingere con tocchi d’indicibile grazia e delicata, paesana lievità, come se inviti l’osservatore alla rappresentazione d’un coro rinascimentale emotivo che spinge verso chissà mai quale ragione dello spirito. Mario Liga non è mai pago del raggiunto, e dopo aver celebrato i veri valori della natura, attraverso le conquiste più sapienti ed accurate di una somma di frammenti di poesia, con colori toccanti come parole, leva il suo patetico, accorato addio al paese antico che scompare, al mestiere arcaico che si spegne lentamente in una lenta agonia, e scaglia le sue pennellate contro i vandali distruttori del suggestivo paesaggio dell’Aspra deturpato e sventrato mostruosamente ogni giorno, eternandolo nella tipica pittura polimaterica di un murale graffito sulla facciata di un palazzo, al centro di Bagheria, tra Villa Trabia e Villa Valgaurnera, provocando così il consenso unanime dei suoi concittadini.
Il suo è un autentico «exploit» contro un paese disumano e senza verde: è il grido il suo «requiem» pittorico per salvare il paesaggio siciliano dalla degradazione ecologica e l’agrumeto, l’ultimo paradiso terrestre vietato ai bagheresi, il paradiso perduto e ritrovato della sua pittura, della sua poesia, il suo appello verso il mondo,il richiamo della madre natura.
Ieri, Utrillo ci aveva dato le immagini della Parigi scomparsa, oggi Mario Liga ci ha offerto il suo drammatico «requiem», con un fantasioso e commovente pannello-omaggio alla tradizione del carretto, onorando con i suoi viventi colori il Maestro dei Maestri, Pioniere della Scuola Siciliana, Michele Ducato, sposando insieme l’omaggio alla tradizione con una dolce apoteosi al paesaggio, perché tutti raccolgano l’appello per salvare il patrimonio artistico e lo scenario stupendo di questa nostra deliziosa ed attiva città, agognata meta dei turisti, gelosa del suo privilegio di offrire le sue impareggiabili gemme di natura ai turisti visitatori.
Invito a meditare
La pittura di Mario Liga ci invita alla più seria meditazione, perché ci fa considerare il paesaggio, che esprime il vero volto d’ogni paese nei suoi panorami più intensi, attraverso i più avvincenti itinerari mediterranei, e i pellegrinaggi letterari, vissuti da tutti i visitatori italiani e stranieri d’ogni tempo, con immagini sorprendenti e caleidoscopiche; e questo stesso paesaggio è preso di mira da continui attentati, sfregi, deturpamenti, sventramenti, disintegratori dell’equilibrio atmosferico e dell’habitat cittadino. A tal riguardo, va ricordato quel che tanti ignorano o tacciono; si dimenticano appunto le più belle pagine della letteratura, come: «Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno tra due catene non interrotte di morti…» oppure commoventi rievocazioni: «addio, monti sorgenti dall’acque ed elevati al cielo» di Alessandro Manzoni, che ancora descrivono la bellezza idillica dei «Promessi Sposi»: bellezze poetiche che ci invitano a dire la verità e le vergogne da esplorare.
Purtroppo, nessuno fa la voce grossa per salvare la bellezza minacciata del paesaggio in Sicilia, dove Mario Liga attinge i suoi colori prestigiosi, per esaltarli fino al miracolo primaverile d’una terra incantata al pari di Sorrento, meta prediletta che mai tramonta, dei colli Euganei, etc.
Lettera di Guttuso
Solo Renato Guttuso, scrive al nostro artista, con questa testimonianza che qui riportiamo integralmente: «Apprezzo molto il tuo recente lavoro che nel presente, ripropone l’interesse verso una tradizione ormai spenta, ma che ebbe in Bagheria uno dei suoi centri più importanti: la pittura del carretto. Tu fai rivivere nelle tue opere, questo grande fatto di cultura popolare. Ed è giusto che tu sia stato vicino alla famiglia Ducato. I fratelli Ducato, padre e zio dei Ducato viventi furono tra i migliori maestri di questa arte. Ancora di pochi mesi fa un carretto gloriosamente istoriato è uscito dalle mani dei Ducato viventi. Come sai io mi sento molto legato a tutto ciò che fa vivere Bagheria e le sue tradizioni. Perciò il tuo amore per la nostra città, per la sua campagna, la tua coraggiosa denuncia degli scempi e delle distruzioni del nostro paesaggio, è altamente meritevole. Tu hai voluto mettere in evidenza la deturpazione di una delle nostre più belle montagne: i bagheresi, e noi tutti, dobbiamo essere grati a te, che con la forza e la grazia del tuo sentimento di pittore, celebri la nostra bella terra». Mario Liga ha dato vita e colore al paesaggio deturpato, infatti, la sua protesta ecologica è esplosa come una rivolta sui muri, perché l’arte va portata nelle strade e nei luoghi di ritrovo, capace, di sprigionare stimolanti fermenti ed accensioni anche nel museo d’oggi. Cosi, in questo incontro, abbiamo voluto offrire l’«autoritratto» in pubblico del pittore Mario Liga, esaltarne il significato del suo impegno poetico e noi siamo veramente lieti di aver preso contatto con questo giovane artista che, nel silenzio della sua operosità, onora l’arte italiana se non con l’unico, certamente con il migliore dei mezzi espressivi: le opere.
corrispondenza tra il Mario Liga e Castrense Civello (1970/1979)
